Qualche tempo fa Annamaria Anelli mi ha chiesto di partecipare alla sua newsletter, nata per accompagnare un nuovo podcast, Parole per conoscersi. Parla di sei parole forti, simboliche, potenti e dei loro molteplici significati: viaggio; politica; casa; mancanza; distacco; silenzio. Potete ascoltarlo qui e anche leggere tutte le puntate della newsletter racchiuse in un ebook qui. Il mio contributo riguardava i vini; trovare uno o più vini che in qualche modo rappresentassero quelle parole scelte da Annamaria. È stato divertente, interessante, anche profondo. Li riporto tutti insieme qui. Potrebbe aiutarvi anche a scoprire qualche nuovo vitigno, qualche nuova etichetta, magari per le prossime feste.
Viaggio
I vitigni viaggiano. Potremmo scrivere intere guide turistiche seguendo i grappoli che, nei secoli, sono stati portati di paese in paese, attecchendo, modificandosi, creando varietà locali lievemente differenti. Per evocare il viaggio ne scegliamo uno, l’Alicante, con un nome che profuma di vento e di mare. A bacca rossa, l’Alicante quel nome così evocativo lo cambia a seconda di dove è arrivato. Nato in Spagna, diventa Cannonau in Sardegna, nelle Marche Vernaccia di Serrapetrona o Vernaccia Nera, in Francia Grenache e in Liguria Granaccia, ma lo troviamo anche in Maremma, nel Morellino di Scansano assieme al Sangiovese, e in Sicilia. Se lo volete assaggiare in purezza, ammorbidito dall’influsso del mare, provate Ciàtu, della viticoltrice indipendente Marilena Barbera. Ciàtu, in siciliano fiato, respiro, ma anche amore, passione, desiderio, anelito. L’essenza di un viaggio.
Politica
Probabilmente lo sanno in pochi, ma all’Unità d’Italia, nel 1870, non si è brindato a Champagne, giammai. E neppure con uno spumante italiano. Il primo brindisi dell’Italia unita, grazie alla scelta del Ministro delle finanze Quintino Sella, è stato con un solido rosso, un calice di Lessona, poco conosciuta DOC dell’alto Piemonte che arriva dall’omonimo comune vicino a Biella. Soprannominato per molti anni “vino d’Italia”, il Lessona è a base di Nebbiolo, in queste zone chiamato “spanna”. Profumato di viola e frutti rossi, lievemente speziato, armonioso e ben strutturato. Un vino solido ed elegante: quale miglior auspicio per il nostro Paese, allora e ancora oggi?
Tenute Sella, omonimi di quel ministro là, producono vino dal 1600 e sono tra i protagonisti della rinascita del Lessona dopo un lungo oblio. In alto, la bottiglia dedicata a Quintino Sella.
Casa
Tutti i – moltissimi – vini autoctoni italiani sanno di casa. Il patrimonio viticolo del nostro paese è un mosaico di vitigni regionali, un caleidoscopio di sapori unici spezzettati in un fazzoletto di terra tra una collina e l’altra. Casa in questa accezione è tradizione mai stagnante, mai zona di comfort. Diventa ricerca e sperimentazione quando, come in molti casi, un vitigno autoctono scomparso viene recuperato grazie ad anni di studi e tentativi. Un sapore antico ma vinificato con le tecnologie e la sapienza di oggi si trova in Uceline, sogno realizzato della viticoltrice astigiana Mariuccia Borio di Cascina Castlet. Dopo trent’anni di lavoro insieme all’università di Asti ha imbottigliato l’Uvalino, autoctono piemontese delle grandi occasioni che era sparito da decenni; si vendemmia tardi e quindi le uva regalano banchetti autunnali agli uccellini, da cui il nome.
Oppure, scendendo nel Vulture, si trova anche nel Tamurro Nero, arrivato dalla Francia e coltivato nel borgo lucano di Pietragalla dal 1200. Salvato dalla sparizione da Tenuta Le Querce, è un vino potente, impenetrabile come l’inchiostro, ancestrale come le radici che, ovunque siamo, ci riportano a casa.
Mancanza
Quando la mancanza diventa attesa, quando il vuoto si fa occasione di pensiero, di ricerca delle modalità per riempirlo in modo non compulsivo ma ragionato, il compagno migliore non può che essere un vino da meditazione. La scelta cade su un gioiello toscano, conosciuto, certo, ma magari non diffuso come altri. Il Vinsanto di Carmignano Occhio di Pernice, da Sangiovese, Canaiolo, Aleatico, Trebbiano, Malvasia bianca lunga, San Colombano, nasce sull’omonima collina di Carmignano in provincia di Prato, luogo incantato dove godersi anche il vuoto e l’assenza. L’uva è raccolta a mano, poi appassita per quattro mesi nella vinsantaia, su graticci di canna; dopo la pressatura, viene affinata in botti piccole per almeno 4 anni – attesa, lentezza, mancanza.
Colore dell’ambra, cura l’anima con profumi di fichi secchi, mallo di noce, albicocca candita, mandorla. Colma ogni vuoto insieme al cioccolato ma anche, forse meglio, degustato da solo, lentamente.
Distacco
Secco, inevitabile, doloroso. O sottile, trascinato, comunque sofferto. Lasciare andare una persona, un’abitudine, un luogo non è mai facile, ma può essere – spesso è – il primo passo verso un nuovo inizio, dove i contrasti che hanno portato alla separazione si sfumano.
Deve essere stata senz’altro una decisione sofferta quella che ha portato il produttore trevigiano Col Vetoraz a rinunciare alla dicitura “Prosecco” in etichetta mantenendo solo la denominazione Valdobbiadene DOCG. Una decisione che potrebbe sembrare controintuitiva, dato che la fama del Prosecco nel mondo è grande e continua a crescere, ma che è stata presa per valorizzare ancora di più il territorio e la tipicità dei vini. E ha acceso un dibattito fra i produttori, divisi tra chi vuole restare sotto il grande ombrello del Prosecco e chi vuole distaccarsene. Forse, per crescere meglio.
Silenzio
Un vino che riposa mesi sui fondali, che siano di mare o di lago. Nella penombra, a temperatura costante e soprattutto nel silenzio. Quello che è così difficile ormai da trovare, ma ci accoglie ogni volta che ci immergiamo in uno specchio d’acqua e come da bambini facciamo a gara con noi stessi a stare “sotto”, guardando l’azzurro sopra di noi per avere qualche secondo in più di quella pace irreale.
Tre le etichette che arrivano dal silenzio, Abissi di Bisson, produttore ligure che da quasi vent’anni immerge e ripesca dopo 18 mesi le sue bottiglie (spumante metodo classico Portofino Doc da Vermentino e Bianchetta), nella Baia del Silenzio (appunto!) di Sestri Levante.
Cloe Marie Kottatis Underwater -52, come i metri di profondità dove affina, nasce dalla collaborazione tra uno Champagne dell’Aube e Jamin, che ha creato una cantina sommersa nelle acque di Portofino e il brevetto di un sughero che permette l’ossigenazione ma non la contaminazione.
Infine, per chi ama l’acqua dolce, un altro spumante che arriva dai fondali è il Lagorai Trentodoc di Cantina Romanese, Chardonnay trentino affinato per due anni nelle silenziose e gelide acque del lago di Levico. Qui sotto, ne “pesco” qualche bottiglia dal lago durante un bellissimo viaggio stampa alla scoperta del Trentodoc.
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