Tutto nasce grazie a questo articolo, scritto per raccontare la grande ascesa delle donne chef de cave in Champagne. Quelle conversazioni, che si sono allargate a chiacchierate sincere, trasparenti, ricche di aneddoti e pezzi di vita, mi hanno fatto venire voglia di saperne di più, di capire cosa c’è dietro la facciata delle grandi donne del vino, in Italia e all’estero, discendenti di nobili famiglie o che hanno costruito la loro azienda da sole, barbatella dopo barbatella.
Così nasce Vino, Donne e Leadership, il mio nuovo libro appena uscito per Il Sole 24 Ore.
Per crearne la struttura mi sono affidata anche a tutto quello che ho imparato nel PostGrad in Social Innovation Management che ho recentemente seguito ad Amani Institute, anche se questo a volte ha significato smontare tutto quello che sono abituata a fare nel mio lavoro di giornalista, e in particolare di intervistatrice, e condurre le conversazioni in modo diverso. Volevo parlare di leadership, sì; ma senza una griglia di valori preconcetti, senza caselle da smarcare, come in un classico manuale: ce ne sono già molti. Per questo ho prima realizzato tutte le interviste inedite – più di trenta – e solo dopo, rileggendole, ho lasciato che mi parlassero, che rivelassero i loro insights, che componessero il pattern dei nove valori che trovate nel libro, suddivisi, come in una grande metafora, in tre grandi aree: Vigna, Bottiglia, Calice.
Ci sono le discendenti di grandi famiglie: Antinori, Frescobaldi, Incisa della Rocchetta. Alcune tra le signore del vino italiano: Allegrini, Foradori, José Rallo. C’è chi si è trovata tra le mani magari troppo presto un’azienda ereditata dai genitori, che dall’esterno sembra aver avuto la strada spianata e invece ha dovuto lottare contro il pregiudizio: “Eh, ma questi non sono più i vini di tuo padre”.
Quelle arrivate al vino dopo mille esperienze diverse e lavori anche lontanissimi dalla vigna o dalla cantina, come in una lunga storia d’amore tormentata, ma con il lieto fine. Quelle, ancora, che non potevano contare né sul nome né sulla famiglia, ma solo su una grande passione e hanno costruito una nuova realtà negli anni, ettaro dopo ettaro. Ci sono, infine, quelle che della presenza e forza femminile e dell’associazionismo, del network, hanno fatto una missione, come Debora Brenner di Women of the Wine, Anna Malassagne de La Transmission, Julia Coney di Black Wine Professionals.
È un libro che ho scritto con passione e cuore, perché passione e cuore ho ricevuto da queste grandi donne che si sono raccontate con generosità e trasparenza. Senza negare gli ostacoli e una arretratezza nella parità di genere che ancora permane nel mondo vinicolo, ma senza neppure piangersi addosso: combattendola con forza, tenacia, proposte, idee e ottimismo.
Un libro che, spero, sarà di ispirazione anche a chi non lavora nel settore e, me lo auguro davvero, anche agli uomini.
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