La buridda di seppie per me è un piatto del cuore. Specialità della mamma e termine bellissimo, di probabile origine araba, scopro che è usato anche in Sardegna e in Sicilia, e a Genova
ha dato anche il nome a un centro sociale. Ce ne sono tante varianti, poiché buridda è il nome della preparazione, in generale un umido, un guazzetto fatto con molluschi, pesce di scoglio o anche stoccafisso. Troverete ricette con le patate e senza, con i carciofi anziché i piselli, bianche o con un po’ di pomodoro, con i capperi oppure no. A me piacciono un po’ tutte, ma vi racconto quella che, a casa, faccio più spesso.
Non è fitufaetu, ossia rapido, come la maggioranza dei piatti che trovate qui: un po’ di tempo ci vuole. Ma ne vale la pena.
Ingredienti per 4 persone
1 kg di seppie
2-3 patate
250 g di piselli, meglio freschi, ma ovviamente, in assenza, anche surgelati
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
2 acciughe sotto sale
1 manciata di pinoli
Uno spicchio d’aglio e un ciuffo di prezzemolo
20 grammi di funghi secchi
1/2 bicchiere di vino bianco secco, buono
olio evo
Preparazione
Pulite le seppie, togliete la pelle e il sacchetto del nero, lavatele accuratamente e tamponatele, se sono molto grandi battetele lievemente con il batticarne (lievemente: non fatene una pappetta). Se le avete acquistate in precedenza e surgelate, non battetele: il surgelamento ha già contribuito a distendere le fibre e ammorbidirle. Tagliatele a listarelle.
Fate rinvenire i funghi secchi in poca acqua tiepida, per 20-30 minuti circa
Dissalate accuratamente le acciughe sotto l’acqua corrente
Tritate il prezzemolo, sbucciate l’aglio e metteteli a rosolare in un tegame di terracotta abbastanza profondo. Quando iniziano a sfrigolare, aggiungete le acciughe ben dissalate e tagliate a pezzettini.
Aggiungete le seppie e fate rosolare a fiamma vivace per qualche minuto. Bagnate con il vino bianco e fate evaporare, sempre a fiamma vivace. Unite i pinoli e i funghi secchi. Filtrate accuratamente l’acqua nella quale avete fatto rinvenire i funghi e versatene una parte nella pentola. Conservate la restante.
Aggiungete il concentrato di pomodoro diluito con una goccia di acqua calda, mescolate, coprite a metà e fate cuocere per 15 minuti, affinché le seppie diano tutta l’acqua al loro interno. NON SALATE! Seppie e acciughe sono già sufficientemente salate. Attendente la fine della ricetta per decidere se ne serve altro.
Nel frattempo, sbucciate e tagliate a dadini le patate. Passati i 15 minuti di cui sopra, aggiungetele alle seppie e continuate la cottura. Se si dovesse asciugare troppo, aggiungete la restante acqua dei funghi secchi e, se necessario, altra acqua tiepida.
Quando le patate sono a metà cottura, aggiungete i piselli e terminate di cuocere. In tutto, la cottura non dovrebbe durare più di 40-45 minuti, affinché le seppie siano morbide e le patate non si disfino troppo. Ma assaggiate e ve ne renderete conto.
A questo punto decidete se serve ancora un po’ di sale o se va bene così. Infine, io profumo la buridda anche con qualche rametto di timo fresco. È buonissima, vero?
Buridda deriva dal genovese bura, che significa che va male, che c’è poco, in poche parole “a l’è bura”. Che poi stava a significare un piatto fatto con poco che si era pescato, a differenza del ciupin, altro piatto di pesce ” più pieno”. E si mettevano le acciughe per salare, e i funghi secchi per dare gusto. Ma non si usa il prezzemolo, bensì la maggiorana, e non si usa il pomodoro.
Ciao Massimo, come per tutte le ricette regionali, ci sono tante preparazioni quanti cuochi a farle 🙂
Ragione di più per la buridda, che più che il piatto in sé indica una tecnica di preparazione, ossia pesce in umido a tocchetti.
Qui ad esempio – sito genovese – il prezzemolo c’è, e pure il pomodoro http://genova.erasuperba.it/ricette-genovesi-buridda-seppie-ingredienti-preparazion
Qui pure, e c’è anche una versione con il riso https://www.zenaatoua.com/buridda-tradizione-tavola/
Per dire che è complesso fare affermazioni definitive sui piatti regionali – non si usa, si usa…
Per quanto riguarda l’etimologia, la Treccani la da come etimo incerto, mentre qui http://dallecrosealmare.it/2019/03/07/buridda-di-seppie/ la si fa derivare dal provenzale bourrido o bourride, che indicava la zuppa di pesce. Peraltro a Cagliari esiste un antipasto di pesce abbastanza simile, chiamato Sa Burrida, per cui sulle origini c’è da divertirsi, mentre oggi in genovese la parola è anche usata come sinonimo di caos: “Gh’ea buridda”, c’era un gran caos 🙂